20.12.11

C'era una volta il regista.

Così è (anche se non vi pare)
Avremmo voluto festeggiare degnamente con una bella vittoria gli ottantacinque anni di vita della Paganese; ed avremmo voluto festeggiare i trent’anni di militanza nel delicato ruolo di medico sociale di Raffaele De Virgilio, con gli auguri di tanti anni ancora di militanza. Volevamo festeggiare degnamente tante cose, per proiettarci nella magica atmosfera dell’imminente periodo natalizio, ma non siamo stati fortunati.
Ecco la Paganese che non t’aspetti nei confronti di un’Arzanese che neanche te la potevi mai immaginare:  arcigna, tetragona e tignosa.
Nemmeno due giri di lancette ed i napoletani sono già in vantaggio. Lancio al bacio di Mascolo sulla sinistra dell’attacco dove opera l’intramontabile Carotenuto. L’attaccante è abile ad eludere l’apparato difensivo paganese che ancora non si è assestato, nuovo com’è per le contemporanee assenze di Fusco e di Pepe; si scrolla di dosso la marcature di Balzano e dalla sinistra come un fulmine saetta a rete senza pietà. Uno a zero e palla al centro. Un gol lampo che sconcerta le poche centinaia di tifosi presenti sulle scalee e che tanti abituali ritardatari della domenica nemmeno vedono.
Ti aspetti una più che normale reazione della Paganese; ma chi te la dà? La squadra sembra allo sbando, come un pugile suonato da un uppercut improvviso. Si sbagliano i passaggi più elementari; a centrocampo nessuno riesce a prendere le redini del comando in mano. C’è scollamento fra i reparti. Ma c’è un regista, un uomo d’ordine in questa squadra che riesce a catechizzare i suoi compagni, ad indirizzarli, ad incoraggiarli, a guidarli amorevolmente, come si fa nei momenti di tempesta? La risposta è negativa.
Solo Scarpa sembra essere morso dalla tarantola, ma predica nel deserto; mai nessuno che accompagni le sue irruzioni sulla fascia sinistra dell’attacco. Gioca una specie di partita personale contro l’agguerrita difesa avversaria; mai nessuno che lo assecondi, nessuno che gli si avvicini per poter proporre uno scambio, un uno-due che può rappresentare un’alternativa all’azione personale. Scende allora, Scarpa sulla sinistra e affonda i suoi colpi dopo trenta-quaranta metri di galoppo solitario. I suoi cross sono deliziosi ma i difensori dell’Arzanese sembrano tanti marziani; sono imbattibili sulle palle aeree e l’esperto Salvati recita la parte del leone quasi avesse una doppia calamita in testa e fra i piedi preciso e pronto com’è ad intercettare tutti i palloni che gravitano nella sua zona.
Allora ti aspetti una manovra ragionata, degli scambi sulla trequarti per innescare Fava ed Orlando che potenzialmente rappresentano due notevoli bocche di fuoco; ti aspetti una diversificazione dei tentativi di attacco che punti anche su Galizia, notoriamente devastante sulla fascia destra nelle giornate di grazia. Ma stranamente, visto anche l’andamento monocorde della partita, Galizia risulta “non pervenuto” per buoni venticinque minuti di orologio, nonostante faccia di tutto per chiedere palla sulla fascia di competenza.
La squadra sembra pervasa da crisi di panico; tutto è maledettamente difficile, complicato. I passaggi sono quasi sempre fuori misura, preda degli avversari che arrivano sempre primi sulla palla, che raddoppiano le marcature e non ci pensano su due volte quando devono spazzare la propria area.
Finisce il primo tempo e nessuno può recriminare sul risultato.
Nella ripresa si vede all’opera una Paganese diversa; più determinata, più aggressiva, più convinta delle sue possibilità. Ma l’Arzanese è squadra abituata a rinserrare le file davanti al proprio portiere; può vantare ottimi colpitori di testa in difesa, grande mestiere e soprattutto è adusa a questo tipo di gare prettamente difensive. In poche parole sa difendersi bene, anche quando è costretta in dieci uomini per l’espulsione di uno dei suoi uomini migliori.
A questo aggiungetevi anche una buona sorte che da un po’ di tempo sembra aleggiare maliziosamente sulle teste delle squadre che vengono a  difendersi al “Marcello Torre”. Dopo un minuto, il grido del gol si strozza nelle gole del tifo organizzato e non: tira Tricarico a colpo sicuro ed a portiere battuto. Sulla linea, all’ultimo centimetro, salva un difensore napoletano.
La manovra della Paganese adesso è tambureggiante. Dopo dieci minuti è ancora Galizia in azione: serve di precisione l’accorrente Acoglanis che colpisce di primo acchito ma il pallone, ancora una volta, a portiere battuto, si infrange sul palo pieno alla sua sinistra.
E sono due. E’ finita? No. Quattro minuti dopo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo ancora Galizia, salito sul proscenio dopo un primo tempo così così, con un colpo di testa fa gridare al gol. Il pallone si stampa sulla traversa. E’ tambureggiante l’azione offensiva della Paganese che però trova sulla sua strada un fortino inespugnabile, un groviglio di difensori avversari sempre pronti a metterci la gambetta ed a sbrogliare la matassa all’ultimo secondo.
La partita sembra proprio stregata. A dieci minuti dalla fine il gol che può riaprire la partita. E’ ancora una volta la testa d’ariete di Galizia che incoccia prepotentemente una deliziosa sponda di Scarpa dalla sinistra e batte imparabilmente il portiere napoletano. E’ una specie di liberazione e la fine di incubo.
Si riapre la partita, ma il tempo a disposizione è poco, nonostante ci sia un’ulteriore espulsione che penalizza la squadra ospite. Si supera e compie un vero miracolo, infine, il portiere Fiory quando a corpo morto si butta in avanti e riesce ad intercettare una prodezza balistica in giravolta di Fava destinata in fondo al sacco. L’Arzanese serra ancora di più le sue file e riesce a portare a casa un punto d’oro per le sue ambizioni.
Detto della partita, qualcosa mi preme dirlo sul futuro che attende la nostra amata Paganese. So che c’è qualcosa in cantiere per quello che riguarda la cosiddetta campagna di rafforzamento. Si parla di un paio di under di sicuro affidamento che avrebbero già maturato buone esperienze in campionati di lega pro.
Fossi in Grassadonia e D’Eboli, con il beneplacito degli encomiabili dirigenti che stanno facendo veri e propri miracoli fidando solo ed esclusivamente sulla profondità delle loro tasche, un pensierino lo farei anche su un uomo d’ordine in grado di guidare la squadra nei momenti di crisi e di sconforto.
Una volta questo tipo di calciatore si chiamava regista. Era quello che prendeva per mano la squadra nei momenti di difficoltà, si proponeva per il rilancio della manovra, che faceva girare la squadra dall’alto della sua personalità calcistica in virtù di una padronanza del ruolo non comune. Qualcuno adesso – che teorizza solo un calcio ossessivo e razzolante – dice che è superato; che i ritmi imposti alle gare non contemplano elementi pensanti e catalizzanti della manovra;  io non ci credo.
Ma queste sono cose che devono valutare i tecnici; e sono convinto che faranno di tutto per non perdere un treno che può essere l’ultimo.
Buon Natale a tutti.
Nino Ruggiero